La piastrella snobba Piazza Affari

Il Resto del Carlino 11/12/96 pag.14

UNA RICERCA SUI BILANCI DI 292 AZIENDE CHE LAVORANO NEL SETTORE CERAMICO


Una trentina di imprese avrebbero i numeri per la Borsa, ma ne restano fuori. Il caso Marazzi

Le ceramiche snobbano la Borsa: hanno i requisiti, ma restano lontane da Piazza Affari. Proprio mentre la prima azienda del settore, la Ricchetti, e' approdata al listino, arriva uno studio della Ratio societa' di ricerca modenese, sulle ceramiche che avrebbero i numeri per affrontare il mondo dell' alta finanza. Ed emerge un dato significativo: su 292
aziende del comprensorio della piastrella, almeno 31 potrebbero quotarsi direttamente, e molte altre potrebbero farlo
con un escamotage, iscrivendo a listino il gruppo che detiene la proprieta' di piu' di una azienda. E' il caso della Marazzi per esempio: da sola non potrebbe sbarcare in Borsa, ma se la strada scelta fosse quella di quotare il gruppo
(che comprende anche Ragno e One-Tile) non ci sarebbero problemi. Cerchiamo di spiegare e di riassumere. I requisiti richiesti per la quotazione sono abbastanza precisi: servono un patrimonio netto di almeno dieci miliardi, un bilancio singolo e consolidato in utile negli ultimi tre anni e certificato, e un flottante dei titoli che sia superiore al 25% del capitale sociale. Il sassolese Franco Righi della Ratio ha raccolto negli ultimi anni presso i diversi tribunali i bilanci di tutte le aziende ceramiche e li ha pubblicati in volume e su floppy disk, con grafici e indici per singola voce di bilancio. E' appena uscita la seconda edizione del Repertorio Bilanci dell' Industria Ceramica Italiana, che comprende tutti i conti delle aziende dal '92 al '95. Dalla comparazione di questi dati emerge la lista della ceramiche che potrebbero fare il grande salto ( ovviamente se decidessero di far certificare i bilanci e di collocare almeno il 25% del capitale). Nell'elenco compaiono tutti i maggiori gruppi (Atlas Concorde, Cisa Cerdisa, Emilceramica, Iris, Marazzi, Sirotti), ma le sorprese non mancano. «Effettivamente puo' fare scalpore che non ci sia la Marazzi tra le 31 ceramiche che potrebbero essere quotate — spiega lo stesso Righi — ma questo dipende da una scelta precisa dell'azienda: nella stesura del bilancio '95 ha attuato una svalutazione di due ceramiche francesi acquistate, per 21 miliardi, e ha chiuso il bilancio in perdita. Ora la ceramica Marazzi dovra' attendere tre anni di bilanci in utile per essere quotata, oppure aggirare il problema entrando in Borsa come gruppo». Marazzi a parte, il dato sorprendente e' piuttosto che ci siano cosi' tante ceramiche, piu' del 10% del settore, che potrebbero raccogliere capitali a Piazza Affari e non lo fanno. «E' vero — commenta Righi ovviamente ogni proprieta' avra' i suoi motivi per restarne fuori. Possiamo pensare che evidentemente preferiscono continuare ad essere i soli proprietari e responsabili della gestione delle proprie aziende, e
non dover rendere conto a un'assemblea di azionisti. Una scelta legittima, peraltro».

Le ceramiche a misura di Borsa:
ARIOSTEA MONO, ARPA, ATLAS CONCORDE, CAESAR, CASALGANDE PADANA, CISA-CERDISA, DOMUS LINEA, EMILCERAMICA, FLAVIKER, FLORIM, GARDENIA ORCHIDEA, GRANITIFIANDRE, GRAZIA, IRIS, MARCA CORONA, MIRAGE, MONOCIBEC, NORDICA, NUOVE RICCHETTI, OMEGA, PANARIA, PASTORELLI, PIEMME, PI-SA, RAGNO, REFIN, RI.WALL, SAICIS, SANT'AGOSTINO, SICHENIA, TAGINA.



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