"Quando non cresciamo a ritmi esponenziali dicono che siamo in crisi"

EconERre 30/9/97 pag.5

"Da noi tutti si aspettano sempre il boom" dice Angelo Borelli, neo-presidente dell'Assopiastrelle. Questo e' "un momento di riflessione".


C'e' sempre un camion che ti sferraglia davanti quando esci dall'autostrada e ti infili nel dedalo di strade e stradine che portano verso la capitale della piastrella. Sempre uno di quei grossi Tir carichi di piastrelle, che sbuffa, che affumica la strada, che rende il traffico lento e ingolfato. Sempre lo stesso panorama, da anni, da decenni. Eppure quest'anno a Sassuolo e dintorni c'e' qualcosa di diverso: c'e' il segno "meno". Meno produzione, meno fatturato, meno export, meno occupazione. Insomma, dopo quattro anni di crescita ininterrotta, e' arrivata la frenata. Crisi? Forse crisi no, ma per la prima volta da un po' di tempo anche il comprensorio della ceramica si trova fermo a uno stop. Fermo a pensare, a capire come si deve fare per ricaricare le pile e ripartire. Dallo scorso maggio il "problema" e' sul tavolo di Angelo Borelli - 57 anni, sassolese, socio fondatore e amministratore delegato del gruppo Monocibec - neoeletto presidente dell'Assopiastrelle, la Confindustria della ceramica. Borelli ha raccolto il testimone di Oscar Zannoni (ora impegnato nelle battaglie finanziarie milanesi del Akros, quello fondato da Gian Mario Roveraro). Borelli e' stato eletto nell'assemblea del 29 maggio, quella che i "bene informati" avevano annunciato come l'appuntamento della resa dei conti con una certa minoranza di imprese associate non proprio soddisfatte delle strategie di Assopiastrelle. In realta' la fronda non c'e' stata, la discussione (e l'assegnazione delle poltrone in consiglio) ha appianato le divergenze e l'elezione di Borelli e' passata in carrozza. Comunque, presidente, i numeri dicono che nel 496 il mercato della piastrella ha tirato i remi in barca. Che succede? "Succede che da noi tutti si aspettano sempre il boom. Ci ha fatto caso? Non c'e' via di mezzo: se non c'e' il boom, se il settore della ceramica non cresce a ritmi esponenziali - magari mentre l'intero Paese o gli altri settori arrancano - dicono subito che siamo in crisi". E la crisi non c'e'? "No che non c'e'. E' chiaro che anche la nostra industria non puo' non risentire dell'andamento dell'economia nazionale e internazionale, ma preferirei definire questo come un momento di riflessione, non di crisi. Mi creda. Il '97 e' partito fiacco, e' vero, ma i segnali di risveglio gia' ci sono. Il problema e' che tutti i nostri mercati di riferimento, quelli piu' importanti come Francia, Germania, Belgio, Olanda e anche il nostro mercato interno, l'Italia, hanno subito i contraccolpi di un'economia in stagnazione se non proprio in recessione. E' questo che ci ha penalizzato. Semplici fattori congiunturali". Qualche anno fa si parlava solo di qualita' totale, oggi si parla solo di globalizzazione: ogni tanto il mondo dell'economia e della produzione deve trovare nuove parole d'ordine a cui uniformare le sue scelte. E allora parliamo di questa globalizzazione dei mercati. Cosa significa questa parola per l'industria ceramica? "Significa che bisogna stare attenti ai nuovi, agguerriti competitori che ormai si sono affacciati sulla scena. Parlo per esempio della Turchia, la cui industria ceramica si sta espandendo con forza sui mercati europei. Dall'altra parte dell'Atlantico, negli Stati Uniti, dobbiamo vedercela con i messicani che fanno parte del sistema Nafta e quindi ne godono le agevolazioni. E poi ci sono le piastrelle argentine e del Venezuela, e la' i produttori hanno senz'altro minori oneri di noi in termini di costo del lavoro e di acquisizione di materie prime". Loro pagano meno lavoro e materie prime, ma noi siamo l'Italia e le piastrelle italiane... "E' vero, credo che se riusciremo a investire di piu' in ricerca tecnologica e in formazione potremo ancora sfruttare con successo il vantaggio competitivo che la nostra storia, la nostra tradizione, le nostre maestranze ci conferiscono". Perche' a un certo punto ha deciso di mettersi a fare il presidente dell'Assopiastrelle? "Bella domanda. E' difficile. La prudenza consiglierebbe di dire: ma chi me lo fa fare? Meglio restare a guardare. Ma io credo che, quando e' ora, ciascuno debba essere pronto a dare il suo contributo. Non ci si puo' tirare indietro: c'e' un momento nella vita in cui bisogna essere pronti a fare determinate scelte, altrimenti non saremmo imprenditori. Le ho risposto?" Credo che abbia ragione chi dice che la politica dei distretti industriali, come quello modenese-reggiano della ceramica, e' inesorabilmente al tramonto? "Il distretto e' nato come un modo di organizzare la filiera industriale, e questo e' un discorso indubbiamente finito perche' le aziende si sono strutturate, si sono verticalizzate, si sono ingrandite e certe necessita', per cosi' dire primarie, sono venute meno. Credo pero' che la cultura del distretto, dell'insediamento produttivo, sia difficilmente superabile. Qui da noi, a tavola, la gente parla di piastrelle, i ragazzi che vengono a lavorare da noi hanno la ceramica nel sangue. E questo fa parte dei vantaggi competitivi di cui parlavo prima". Difficile, allora, immaginare di portare qualche produzione al Sud, magari per accedere a sgravi fiscali o ad altri tipi di agevolazioni... "Qualche mio collega al Sud ci e' andato, ma non so se abbia davvero trovato sgravi, agevolazioni o benefici. Fino a che non c'e' la prova provata che allontanandosi da qui si possa trovare qualche vantaggio, io non mi muoverei. E poi il nostro mercato di riferimento e' il centro Europa; allontanarsi comunque dovere mettere in conti costi maggiori".
Presidente, un'ultima cosa: sa che arrivare a Sassuolo e' davvero un bel viaggio? Non ci sara' mai un modo di collegare "l'impero della piastrella" al resto del mondo? "E' un tormentone che va avanti da almeno trent'anni. Da trent'anni si parla di collegamento autostradale: esistono progetti, tutti dicono che sono d'accordo, ma manca un coordinamento, la decisione deve passare attraverso troppi soggetti. E cosi' non si fa mai niente, e cosi' arrivare qui e' un'avventura. A Sassuolo si racconta la storia a meta' fra la leggenda e la barzelletta, di un vecchio parroco che andava sempre a piedi. Se un automobilista gli offriva un passaggio rispondeva: No, grazie, ho fretta. Vado a piedi".



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