Com'e' eclettica quella coop: produce piastrelle e riproduce Botticelli

EconERre 30/9/97 pag.10

Tutto quello che e' ceramica e' affar loro: ecco perche' alla Cooperativa Ceramica di Imola sono davvero signori molto speciali.


La "Primavera" di Botticelli in una fabbrica? E' ovvio, sara' una riproduzione. Ma se la fabbrica produce ceramiche, piastrelle e porcellane, e se ci si avvicina curiosi al grande pannello fiorato, ci si accorge che anche il Rinascimento italiano puo' diventare una piastrella: di due metri quadrati, ma pur sempre una piastrella. "Noi siamo in grado di farlo", si inorgoglisce Gianpietro Mondini, da sette anni presidente della Cooperativa ceramica di Imola. Un po' artigiani e un po' artisti, cultori della tradizione ceramica romagnola ma al tempo stesso sperimentatori di tecniche e inventori di tendenze, questi imolesi sembrano simpaticamente pazzi. Tutto quello che e' ceramica e' affar loro: dalle stoviglie ai vasi per il controbuffet di casa, a certi otri decorati alti due metri, a terrecotte come un magnifico presepe di cui vanno particolarmente fieri. Fino, naturalmente, alle piastrelle da pavimento e da rivestimento. Un mondo di terre e di colori, il loro, di mescole e di alchimia, che ha radici antiche. Se e' del febbraio 1875 il Patto di fratellanza con cui "I sottoscritti lavoranti nella fabbrica cooperativa delle majoliche e stoviglie di Imola...", il seme dell'azienda viene da molto piu' lontano, addirittura da prima della rivoluzione industriale. Risale infatti al 1720 la prima produzione originale di maioliche per la casa qui dove adesso l'ape, simbolo di laboriosita' e della cooperativa, campeggia su bandiere, targhe e posacenere. Nel 1750 la faentina famiglia Bucci rilevo quella bottega artigiana che nel 1874 Giuseppe Bucci avrebbe trasformato in cooperative. Le immagini del padre fondatore con i suoi bei baffoni a manubrio campeggiano su tutte le pareti sotto forma di fotografia, dipinto, lastra e, naturalmente, piastrella. Ne fanno 17 milioni di metri quadrati l'anno, di piastrelle, piu' gli otto milioni delle controllate Leonardo 1502 e La Faenza. I dipendenti sono 950 nella casa-madre e 450 nelle altre due aziende, il fatturato e' di 270 miliardi piu' altri 90. Un fatturato realizzato per tre quarti grazie all'esportazione, per quanto riguarda la Cooperativa ceramica. Inevitabile affrontare dibattiti sui problemi di mercato: la concorrenza cinese, le linee di tendenza da sviluppare, i nuovi prodotti da lanciare. Marketing strategie prendono il posto, nelle parole del presidente Mondini, delle piastrelle trasparenti di Visani, dei lavori di Joe Tilson, degli arredi made in Imola ideati da Gio Ponti per "l'Andrea Doria" e oggi sparsi in fondo all'Atlantico. Ma che fare? Bisogna sempre fare i conti con i conti. "Il pericolo sono i cinesi, l'Italia non e' piu' la signora incontrastata delle piastrelle, dopo che per vent'anni ha dominato il 35 per cento del mercato mondiale. L'Europa? Troppo piccola per i produttori di piastrelle. La lotta e' ormai mondiale", spiega Mondini. L'Italia e' ancora in prima fila: ha inventato il forno a rulli, il cotto forte, la monocottura, il gres porcellanato. Qui si continua a innovare: "Ecco, questo gres e' smaltato", dice il presidente mostrando una serie di piastrelle mitragliate da mille microscopici crateri che danno riflessi d'oro. "Nelle metropoli, pero', il 70 per cento delle nuove costruzioni e' in cemento armato fino alle fondamenta, le pareti interne sono in cartongesso, quelle esterne sono pannelli di diversi materiali. Studiamo sistemi di montaggio non tradizionali per mattonelle piu' leggere, grazie a una ricerca con il CNR potremmo metterne a punto di due millimetri di spessore". Roba leggera per un mondo che cambia in fretta e dove, ormai da tempo, non ci si puo' accontentare delle ristrutturazioni e dei bagni da rifare. La piastrella vuole fare concorrenza ad altri materiali da costruzione, sostituire il miliardo e mezzo di metri quadrati di moquette che riveste i pavimenti americani. E un miliardo di metri di linoleum. Ci riuscira'? Dai tre stabilimenti di Imola escono le piastrelle piu' grandi del mondo, "sberle" di 60 centimetri per 120 che rivestono edifici in Europa e in Siberia. E gradini e davanzali in pezzo unico, risposte alle esigenze di un'edilizia che rincorre se' stessa. Mondini e i suoi cooperatori sono soddisfatti del proprio lavoro, ma gridano di rabbia per quello che li circonda. "L'Emilia-Romagna e' fra le prime dieci aree del mondo per produzione e reddito. Ma quello di Bologna e' un aeroporto piccolissimo, non parliamo poi dei porti. Abbiamo il Cersaie, la rassegna di settore piu' importante del mondo, e infrastrutture ridicole. Se andavano bene fino a ieri, oggi mostrano la corda", si lamenta. Per non dire delle agevolazioni. Un container costa un milione e mezzo per essere mandato a Genova dall'area delle ceramiche, mentre i turchi - nostri concorrenti - hanno il trasporto gratis dalla fabbrica al molo. Parlare di futuro, cosi', com'e' possibile? Le variabili sono troppe, e troppo variabili. Sopra tutte, un'Europa da costruire definitivamente. Alla Coop ceramica di Imola si attrezzano per farsi trovare pronti, dal punto di vista artistico come da quello manageriale. Cosi' riproducono su ceramica i capolavori dei Musei vaticani, un buon business in vista del Giubileo, e assemblano un pannello di novanta metri quadrati per l'ospedale di Imola; continuano a sfornare stoviglie, secondo l'antica tradizione, ma da tredici anni hanno ripreso il filone artistico aperto nel 1880 da Gaetano Lodi, pittore della corte reale. Un pioniere non solo di decori e colori. Convinse infatti irriluttanti soci della coop, nel lontano 1884, a partecipare alla Mostra internazionale di Torino: un evento, per quegli anni, ma anche una partecipazione che apri' all'azienda le porte dell'Europa, l'esportazione verso Londra e Parigi. La Cooperativa diventava grande. Negli anni lavoreranno per gli imolesi artisti come Enrico Baj ed Emilio Tadini, Gio Ponti e Marfisi, Martelli, Ghinassi. Nasceranno in questi laboratori capolavori grandi e piccoli: il presepe degli anni Trenta esposto con tanti altri presepi in una rassegna pochi anni fa; favole e allegorie tradotte in maiolica; rivisitazioni delle ceramiche romagnole con l'ornato a garofani blu. Sembra cosi' lontano, oggi, quel Patto di fratellanza del 1875: ci sono due fabbriche a Imola, una a Borgo Tossignano, piu' le due aziende controllate. Eppure, di fronte a una riproduzione su piastrella della Gioconda a grandezza naturale; di fronte alla Cina che avanza, e con lei Spagna, Brasile e Turchia; di fronte alle fette da conquistare e mantenere, in un mercato mondiale della mattonella fatto di tre miliardi di metri quadrati l'anno, le parole di quei serissimi signori in nero con i lunghi baffoni che il secolo scorso, con ingenuita' mazziniana, auspicavano concordia e unita', sembrano indicare la strada. "Riconoscendo che le divisioni ed i rancori personali sono di grave nocumento al progresso della lavorazione e all'interesse della Societa'; convinti della necessita' di togliere ogni motivo di personalita' tra cittadini che, associati tra loro ed in comunanza nel lavoro formano percio' una sola famiglia; dimenticando le reciproche offese, stabiliscono un Patto di fratellanza, promettendosi reciproca e duratura amicizia per procedere uniti al loro miglioramento morale e materiale". Cosi' dicevano.



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