8+ alle banche: da loro un contributo decisivo alle fortune di Sassuolo

EconERre 30/9/97 pag.33

Fin dall'inizio un rapporto molto stretto fra gli istituti locali e il mondo delle imprese. Ne parlano due esponenti del sistema bancario.


Piccolo sara', o sara' stato, pure bello, ma in un settore dove per partire servono comunque capitali consistenti, piccolo e' soprattutto difficile. Quasi impossibile se non hai una banca disposta a concederti credito, a rischiare entro certi limiti con te. Cosi' tra aziende ceramiche e banche, soprattutto locali, il rapporto e' stato forte fin dall'inizio. A tratti difficile, comunque intenso. "Gli istituti locali - racconta Paolo Lelli, vice direttore generale della Banca Popolare dell'Emilia-Romagna hanno accompagnato fin dall'inizio lo sviluppo del distretto. Ricordo quando si andava a Sassuolo perche quattro o cinque imprenditori avevano deciso di far nascere un'azienda, una ceramica, e quel che ci si trovava davanti era una montagna di terra e una gran voglia di fare, magari per imitare l'amico che in quel modo aveva fatto fortuna". Quattrini? Pochi. "Oggi per partire servono almeno 50 miliardi - spiega Alessandro Iori, direttore generale della rete del Banco San Geminiano e San Prospero - ma anche all'inizio c'era bisogno di fare investimenti pesanti". Gli imprenditori, viceversa, non avevano certo grandi capitali: di solito succedeva che un contadino vendeva un pezzo di terra a qualcuno che decideva di aprire una ceramica. Questo non trovava i soldi per pagarlo e il contadino entrava come socio". Quattrini, appunto, pochi. Almeno all'inizio. Il rapporto con la banca risulta cosi' decisivo. Come questo sostegno reciproco si sia affermato ed evoluto lo racconta meglio di tanti discorsi la geografia degli sportelli. "Nel distretto - racconta Alessandro Iori - e' piu' facile trovare una filiale del Banco che un bar aperto. In pratica ne abbiamo uno ogni chilometro". Non e' da meno la Popolare: "Nel '68 quando sono arrivato a Sassuolo - ricorda Lelli - c'era solo una filiale in paese. Oggi a Sassuolo gli sportelli sono tre e a questi se ne aggiungono altri nove sparsi per il distretto, tra Modena e Reggio". Entrambi gli istituti, i piu' radicati nel comprensorio ceramico, insieme con RoloBanca 1473, hanno fatto e continuano a fare qui affari d'oro. "Noi lavoriamo - spiega il vice direttore della Popolare - in pratica con tutte le imprese. Sul fronte degli impieghi ne realizziamo qui oltre il 5% del totale, cioe circa 450-500 miliardi l'anno". Discorso simile per il Banco dei Santi, oggi incorporato dalla Banca Popolare di Verona: "Su 200 aziende - racconta Iori - abbiamo rapporti con almeno il 90%, realizzando nel distretto oltre il 10% dei nostri impieghi, vale a dire circa 800 miliardi". Molti soldi ma anche un rapporto molto forte. "In base al principio che un fido non si rifiuta mai - spiega Alessandro Iori - ogni ceramica ha contatti con molte banche, in media attorno alla decina, ma tra tutte queste ognuno ha poi l'istituto di riferimento, con cui svolge la maggior parte del lavoro, e questo nel
90% dei casi e' un istituto locale". Il pregio? Che questi ultimi solitamente non smobilitano neanche quando le cose vanno male. Per interesse, beninteso, non per beneficenza. "Quando nell'84 sono diventato direttore di filiale a Sassuolo - ricorda Iori - la situazione era pesantissima. Basti dire che in pochi mesi su 70 aziende con cui avevamo rapporti molto stretti oltre 25 hanno chiuso i battenti". Un istituto normale avrebbe cercato di rientrare nel piu breve tempo possibile e, raccolto quel che c'era da raccogliere, sarebbe migrato verso lidi migliori. "In effetti mentre prima al ristorante incontravi spesso i direttori della filiale modenese delle grandi banche nazionali, in quelle settimane i tavoli erano tutti vuoti" racconta Alessandro Iori. Il Banco invece non se ne va, e come accennavamo non certo per buon cuore. "Ricordo che l'allora presidente dell'istituto venne a Sassuolo. Entro' nell'ufficio e a me che chiedevo lumi su come dovevo muovermi in quella situazione cosi' difficile disse soltanto: 'Si ricordi che il Banco era qui 50 anni fa e ci sara' ancora dopo questa crisi. Se oggi c'e' da perdere qualcosa lo perderemo'. Chiedere ad un'azienda di rientrare avrebbe voluto dire avviarla a morte sicura - spiega Iori - in quel caso avremmo risparmiato ad esempio i 4 miliardi per i quali eravamo esposti ma l'effetto negativo sull'indotto ci avrebbe penalizzato ancor di piu'. Se saltava la ceramica i fornitori non venivano pagati, i dipendenti restavano senza lavoro e non avrebbero potuto onorare le rate del mutuo per la casa e via di questo passo". Se una banca e' radicata in un territorio non scappa nei momenti di crisi. Semplicemente perche' proprio non le conviene.
Oltretutto il rapporto con i signori della piastrella presenta anche agli occhi del banchiere risvolti particolarmente positivi. "Sono persone - racconta Paolo Lelli - per le quali ho sempre nutrito un grandissimo rispetto. Magari andavano in giro con la vecchia 1100 ma tutti i soldi che guadagnavano li investivano in azienda. Questo ci ha sempre lasciato relativamente tranquilli anche nei periodi di crisi. No, cattive sorprese dagli imprenditori di questo settore noi non ne
abbiamo mai avute". Ovvio che, stando cosi' le cose, gli istituti locali un certo attaccamento non fatichino a dimostrarlo. Questo rapporto nel corso del tempo naturalmente si e' evoluto. Sollecitate dagli eventi, le banche locali hanno iniziato a fornire nuovi servizi. Pensiamo al rapporto annualmente redatto dalla Popolare sullo stato di salute del settore per conto di Assopiastrelle, ma soprattutto ai servizi finanziari. "Prestare denaro - ammette Lelli - non basta piu'. Dal '90, con l'acquisizione di Cerim da parte di Floor Gress siamo stati presenti in tutte le grandi acquisizioni che hanno scosso il settore, ma non solo". La Popolare dell'Emilia-Romagna ha creato infatti un team di finanza aziendale che segue le imprese in tutte le operazioni complesse, dall'aumento di capitale all'emissione di prestiti obbligazionari, uno strumento ultimamente molto utilizzato nel distretto, ad esempio da Sichenia, Florim, Atlas Concorde. La banca accompagna anche le operazioni di passaggio generazionale. "Le nostre societa' di leasing e factoring - spiega Lelli - si sono poi rivelate decisive nell'orientare gli investimenti delle aziende al tempo della Legge Tremonti, offrendo loro strumenti adeguati". Dinamiche simili al Banco. "Stiamo valutando - racconta Alessandro Iori - l'acquisizione di una partecipazione all'interno di tre aziende in vista di una loro quotazione in Borsa diciamo entro 18-24 mesi".
Un percorso accidentato: "Quando abbiamo iniziato a parlarne con gli imprenditori interessati la prima risposta era 'Non farmi perdere tempo, io il consiglio di amministrazione lo voglio fare al sabato o alla sera con mia moglie'. Tutto in famiglia, insomma. L'importante e' allora non forzare la mano. Abbiamo continuato a discuterne e progressivamente abbiamo visto venire meno le diffidenze ed aumentare l'interesse. Al di la' della difficolta' a cedere anche solo l'1% del capitale, si tratta infatti di aziende che fatturando 150 miliardi hanno l'ambizione di salire a 300-400 miliardi nel giro di pochi anni, bisognose quindi di trovare una strada per riuscire a farlo". Un ruolo decisivo nel muovere le acque lo giocano i figli, in ogni caso: "Se sono interessati all'attivita - spiega Iori - sono i primi a spingere i genitori a considerare operazioni di questo tipo. Se invece non sono tagliati per fare gli imprenditori, se desiderano imboccare altre strada allora i genitori si allarmano, iniziano a pensare come assicurare un futuro alla societa'". Ma un ruolo ancor piu determinante lo gioca, come accade sempre nel settore, l'imitazione. "Da quando Ricchetti e' andato in Borsa senti gli imprenditori dicono: 'Se l'ha fatto lui posso farlo anch'io' e cosi' iniziano a pensare ad un'opportunita' che altrimenti avrebbero mantenuto ancora a lungo fuori dalla porta". Il sostegno alle aziende non arriva comunque solo sul fronte della finanza e delle grandi operazioni sul capitale, pur necessarie. L'essenziale, alla fin fine, e' infatti riuscire a vendere le proprie piastrelle. "L'Est Europa costituisce uno dei mercati piu' promettenti - spiega Lelli - per questo la Popolare ha acquisito partecipazioni in istituti di credito di Bratislava in Slovacchia, Lubiana in Slovenia, Budapest in Ungheria e altrettanto sta per fare a Praga nella Repubblica Ceca e a Zagabria in Croazia. Vogliamo esserci per offrire una sponda ai nostri imprenditori interessati ad investire in quell'area". Per fare un po', insomma, come fanno le banche tedesche. Almeno in questo caso, almeno in questo settore.



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